domenica 15 settembre 2019

Riflessioni leggere su "malattia", "colpa" ed "innocenza"


La sala d'aspetto della Asl è sempre una gabbia di matti (se è permessa la locuzione). L'altro giorno ho ritirato il mio scontrino e sono entrato nella gabbia in attesa del mio turno per ritirare i risultati delle mie analisi (meno brutte di quanto temevo, ma è un altro discorso). C'era una coppia con un adolescente affetto da disturbi comportamentali, infantile, iper-attivo. Come tutti subivo ed accettavo "doverosamente" il disturbo: non si condannano le patologie, naturalmente. E provavo empatia ed ammirazione per quei genitori che provavano a governare quel ragazzo. Avrei voluto dire: "Non preoccupatevi troppo. Non provate disagio. Sono e siamo tutti con voi". Bene. Poi è entrato un signore anziano, anziano e ben messo, in apparente buona salute. Ha chiesto qualcosa alla quarantina di persone in attesa. Non ho capito cosa. Se ne è andato via non so dove, senza aspettare risposta, borbottando. Ho chiesto alle persone a me vicine cosa avesse chiesto. Aveva chiesto cosa dovesse fare per ritirare le sue analisi e la gente commentava, qualcuno divertito, qualcuno perplesso, i più irritati, la stranezza della sua reazione. Quando è tornato gli hanno chiesto gentilmente spiegazioni e gli hanno suggerito cosa fare. Si è allontanato di nuovo e di nuovo ci sono stati commenti. Quella persona non poteva dirsi "normale", ma non era abbastanza "anormale" per essere considerato irresponsabile delle sue stranezze ed essere "assolto". Infatti, a differenza del ragazzo iper-attivo, suscitava irritazione. Beh, così funzionano i nostri meccanismi mentali di attribuzione di colpa o assoluzione. Quindi però è successa una dinamica nuova. Una signora ha osservato che effettivamente la Asl non offriva a lcun servizio di informazione, sicché era normale che gli utenti nuovi provassero disorientamento. L'osservazione ha ricevuto largo consenso. Insomma la signora è riuscita a ri-orientare il significato dell'episodio in una direzione "politico-amministrativa", ben oltre le categorie emotive del "simpatico-antipatico". Mi è sembrata una lezione da appuntare anche per ben altri dibattiti. Quando l'irrequieto signore è tornato in sala un giovane nero gli ha offerto il suo numeretto che avrebbe consentito d i fare prima. L'anziano è sembrato disturbato. Non capiva la gentilezza. Abbiamo tutti sorriso di ciò, improvvisamente diventati comprensivi. Infine il signore ha capito ed ha preso il numero. Si è formato un abbozzo di comunità.

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