domenica 1 gennaio 2012

L'anno che è arrivato e l'epoca attesa

La discontinuità fra un anno e l’altro è ovviamente un “gioco”. Oggi, 1 gennaio, probabilmente non sarà tanto diverso da ieri, 31 dicembre dell’anno trascorso. E già sappiamo che somiglia molto al 1 gennaio del 2011: botti per festeggiare il nuovo anno, morti, feriti, amputazioni, accecamenti, anche di bimbi innocenti affidati alla protezione della “sacra famiglia” ovvero a padri stupidi e criminali e a madri colpevolmente passive. Le discontinuità geografiche/amministrative possono essere altrettanto futili di quelle temporali. Ricordo un gioco che facevo durante certi lunghi tragitti in auto con le mie figlie ancora bambine. Quando sull’autostrada veniva segnalata la fine del territorio campano e l’inizio di quello laziale e così via, regione dopo regione, mi divertivo a spiazzare le bambine, dicendo: “Inizia il Lazio. Vedete come è tutto diverso?”. Le figlie guardavano fuori dai finestrini e poi guardavano me, perplesse, ma senza saper obiettare. Ogni tanto ho pensato che questo giochino potesse essere un elemento di una pedagogia opposta alle pedagogie dell’identità e dei confini (Lega, Padania e, etc.). Vabbè, diciamo che con gli auguri per il nuovo anno ci esercitiamo semplicemente a immaginare il futuro e a pensare al futuro che vorremmo, all’epoca che vorremmo si aprisse. Una nuova epoca però non si apre in consonanza col calendario gregoriano. Può aprirsi di ottobre (12 ottobre 1492, scoperta dell’America) o di luglio (14 luglio 1789, presa della Bastiglia). Non so se qualcuno pensò che stesse aprendosi un’epoca il 12 ottobre del 1492 o il 14 luglio del 1789. Mi chiedo invece come io individuerei l’inizio di una nuova epoca, quale evento in Italia segnalerebbe una discontinuità paragonabile alla caduta del muro, ad esempio. Nella storia recente l’intervallo fra discesa in campo di Berlusconi 18 anni fa e la sua recente caduta segnano, se non un’epoca, una fase. Anche le fasi (brevi epoche “reversibili”) possono avere datazioni incerte o convenzionali. Allora potremmo dire, con attenzione alle discontinuità “istituzionali” che la fase si chiude con le dimissioni di Berlusconi (12 novembre 2011) oppure, con attenzione ai segni di una nuova antropologia (che preferisco), con la prima conferenza stampa del nuovo governo (4 dicembre 2011) e le lacrime della Fornero, i sentimenti ovvero, per così dire, la “tecnica” femminile al potere.
Noi, i democratici, e il Pd, abbiamo aperto questa fase facendo prevalere le ragioni culturali e di stile sulle opzioni economiche e sociali in senso proprio. Non avrei (non avremmo) perdonato a Berlusconi l’odiosa e classista deindicizzazione delle pensioni. Ma noi respiriamo per lo stile sobrio e professorale del governo Monti. E qualcuno (come me) si commuove per la commozione della ministra Fornero che tanto ha irritato gli italiani implacabili che si chiedono : “Perché versa il latte e poi piange?”. Diciamo che il governo Monti è l’anticamera per un’Italia dialogante in cui si parlerà finalmente delle cose e si decideranno cose. Nondimeno non avverto ancora segni di passaggio di epoca. I pensionati continuano a rubare al supermercato (così come i detenuti, i lavoratori licenziati e i piccoli imprenditori falliti continuano a suicidarsi). Come in un film ripetutamente visto, il direttore del supermercato chiama i carabinieri. I carabinieri offrono un pasto in caserma al ”delinquente”. “Non essere buoni, ma fare il mondo buono” proponeva qualcuno (Brecht, Sartre). La penso così. So che abbiamo le risorse per evitare di umiliare i pensionati e poi sentirci buoni perché non li denunziamo. E abbiamo le risorse per salvare figli e nipoti dal rischio dell’istupidimento effetto di un sistema anarchico che è incapace di dire cosa ci aspettiamo da loro e cosa garantiremo se sapranno – non più viziati, ma aiutati - studiare e impegnarsi in progetti condivisi che sapremo premiare, archiviando l’arbitrio e il favore. Il passaggio di epoca può essere colto da segnali diversi, purché radicali, giacché in ogni caso, certi mutamenti implicano altri mutamenti anche in aree distanti. Se allora un nuovo governo, anziché compiacersi dei 7 miliardi che confluiscono nell’erario per il gioco d’azzardo che costa agli italiani (guarda un po’ quelli meno abbienti) 70 miliardi l’anno, fosse capace di eliminare tale rapina, semplicemente chiudendo le sale giochi e facendo insegnare ai bambini e agli adulti in una scuola nuova la stupidità dell’azzardo a carte truccate, se un governo nuovo potesse far questo ricevendo il consenso dei cittadini per una esplicita tassazione sostitutiva di quella per l’azzardo, allora questo governo e questi cittadini sarebbero il governo e i cittadini di una nuova epoca. Né l’uno né gli altri potrebbero accettare l’abusivismo con l’alibi che creerebbe occupazione. Né l’uno né gli altri accetterebbero che si allevino ad alto costo intelligenze da regalare all’estero. E nonni e genitori sarebbero felici di pagare 100, 200 euro per costruire un sistema che garantisca a figli e nipoti, invece che la paghetta di nonni e genitori, un lavoro coerente con i loro studi o, per brevi intervalli, comunque un reddito. Un piccolo segnale radicale, l’abolizione delle sale giochi o la sanzione di 5 anni di lavori socialmente utili a chi insozzi per gusto vandalico una scuola o un monumento sarebbe fra i sassolini di una valanga, il segno di un cambiamento d’epoca verso un’Italia non più imbronciata: seria, sobria, severa, allegra, sviluppata.

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