mercoledì 12 settembre 2018

Capitolo igiene della Ragione: la domanda è cosa buona?


Lo è per Berlusconi, per Renzi, per Di Maio, per Salvini. Lo è per quasi tutti. Fu il peggiore degli argomenti usati da Renzi per gli ottanta famigerati euro. Quando chiedevo perché mai non elargire quei soldi a quelli che non hanno niente o anche ai pensionati, gli amici renziani rispondevano: "Perché quelli che non hanno niente si terrebbero i soldi da parte e non consumerebbero". Pare insomma per la Ragione dei nostri tempi che il denaro non serva a chi direttamente lo riceve, ma a chi lo riceve di ritorno ed apre fabbriche e dà lavoro di conseguenza. Lo stesso scopo hanno i consumi di lusso. I poveri ricchi nei locali di Briatore svolgono opera sociale bevendo champagne e consumando aragoste. Danno lavoro a camerieri e forse a danzatrici di lap dance. Insomma, se non sentissimo più desiderio o bisogno di patatine fritte, slot machine, seconde case, champagne o birrette, sarebbe un disastro occupazionale. Per misteriosi motivi invece non serve la domanda di pane e latte dei più poveri. Quella non stimola occupazione di fornai e allevatori. Non so decidere se mi turbano più le motivazioni fin troppo evidentemente classiste o propriamente la dirompente illogicità. Anche di Maio che quasi ragionevolmente insiste sul salario di cittadinanza (sarebbe meglio con lavoro assegnato) è costretto a motivarlo così: "Aumenterà la domanda e l'occupazione". Nutrire gli affamati gli sembra un argomento poco convincente. Io, impavido, affermo di guardare ad un mondo in cui ci sia sempre meno domanda (fino a nessuna) perché non ci saranno più bisogni e in cui ci sazieremo liberamente in un nuovo Eden. Non vedrò quell'Eden. Ma almeno mi congratulo con me stesso per aver chiara la direzione del mio impegno politico.

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