sabato 13 luglio 2019

Vittoria, il declino e la mia tristezza


Conobbi Vittoria quando l'Istituto Ortopedico Rizzoli suggerì a me che vivevo a Siracusa - un centinaio di chilometri di distanza - di ricoverarmi nell'Ospedale di quella città nel territorio ragusano. Avevo avuto una brutta frattura per un incidente stradale. Da Bologna suggerirono il reparto ortopedico di Vittoria ritenuto fra i più avanzati in Italia. Avevano ragione: non conservo traccia di quella frattura.
Poi sono tornato a Vittoria (poco più di 60.000 abitanti) per lavoro negli anni '80. Lì aveva sede uno dei pochi Informagiovani siciliani. Che seguivo per conto della Direzione Generale dei Servizi Civili del Ministero dell'Interno. L'Informagiovani era in centro, in uno spazio comunale. Funzionante, organizzato, esemplare anche nei particolari: compresa la raccomandazione agli utenti maschi di mirare bene nell'unico bagno disponibile. Allora Vittoria era governata da un Pci che riceveva tradizionalmente la maggioranza assoluta. Imparai ad apprezzare tante cose di quel territorio a forte vocazione agricola: soprattutto il mitico "cerasuolo", vino rosato dall'aroma di ciliegia.
Poi, lontano ormai dalla Sicilia, ho sentito parlare di Vittoria solo per la condizione schiavile dei suoi nuovi braccianti immigrati, per mafia, ricatti, violenza.
Ora la cronaca mi dà notizia di Vittoria per un dodicenne ucciso e un undicenne cui hanno amputato le gambe ed è a rischio di vita per la spavalderia criminale di un rampollo della mafia locale, alla guida di un Suv. per le stradine della città, strafatto di droga ed alcol.
Niente, solo ricordi. Volevo solo comunicare la mia abissale tristezza per l'ennesimo segnale del declino in cui scivola l'isola in cui vivevo ed il Paese in cui vivo. Non è passato un secolo: solo trent'anni.

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