martedì 22 settembre 2020

Amore e fraintendimenti

 

Poco fa, uscito da casa, ho incontrato attimi di felicità. Uso una parola che non piace agli amici e non piace agli italiani. Ma io sono testardo. Provate voi a sostituirla o tradurla.
Camminavo a passi lenti. Una mamma con carrozzina e bambino di pochi mesi mi ha superato. Il bambino mi ha guardato, incuriosito. Sicché io l'ho salutato con la mano. E lui mi ha sorriso, divertito. Poi l'ho salutato ancora ed ancora mentre lui si girava verso di me. Lui sempre più divertito. Immagino fosse compiaciuto della sua "potenza": avveniva quello che lui si aspettava, mentre la madre ignorava me e lui, immersa nei suoi pensieri.
Mi accorgo di essere sempre più interessato ai bambini e, di converso, sempre meno agli adulti. Amo i bambini e sono in ansia per loro. Sono curioso probabilmente per il futuro che li riguarderà e che non vedrò. Anche nella mia recente vacanza a Castiglione della Pescaia gran parte del mio piacere è stato osservare dal caffè all'aperto bambini in carrozzina o che passeggiavano con i genitori. Ognuno diversamente interessante. Più di tutti il bambino in carrozzina che faceva leva sul busto per sollevarsi e scoprire incantato luci e decorazioni.
Prima di uscire avevo letto la drammatica notizia di quel padre depresso che ha ucciso nel sonno Andrea, il figlioletto di undici anni e poi si è tolto la vita. Per dare il massimo dolore possibile alla compagna da cui si era separato. Una tragedia identica a tante altre di prima e simile anche a tanti femminicidi. Col comun denominatore dell'amore (cosiddetto) che muove all'assassinio. Ecco, penso che sia urgente riformulare anche in questo il nostro linguaggio. Per favore, non chiamiamo "amore" i sentimenti di dominio, di gelosia, di possesso. Impariamo a chiamare "amore" solo il sentimento che ci fa desiderare la felicità dell'altro/a: anzi degli altri, giacché l'amore esclusivo che tratta il resto del mondo come mezzo e non come fine, non è amore, ma sentimento malsano.
Sto ripensando anche a Bibbiano, agli errori (o peggio) lì avvenuti e alle narrazioni a sproposito polemiche dei difensori della "sacra" famiglia naturale. "Parlateci di Bibbiano! E Bibbiano?". Sì, non dimentichiamo Bibbiano. Non c'è rischio di dimenticare però. C'è invece più forte il rischio di dimenticare Andrea e i tanti uccisi dalla famiglia naturale. Amiamo i bambini allora, amiamo il futuro della specie, ricordando il poeta che ci ammonì: "I tuoi figli non sono figli tuoi".
Mi defilo così dai discorsi politici che occupano le nostre pagine? Non credo. Credo che il poeta parlasse di politica, invitandoci a dare nuova forma ai nostri sentimenti.

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