venerdì 11 febbraio 2011

La riforma dell'articolo 41: il manifesto dei barbari

Articolo 41
L’iniziativa economica privata è libera.
Non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recar danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana.
La legge determina i programmi e i controlli opportuni perché l’attività economica pubblica e privata possa essere indirizzata e coordinata a fini sociali.
Il “progetto” di riforma costituzionale dell’art.41 della Costituzione è chiaramente un manifesto ideologico: una battaglia che si sa perduta in partenza ma che serve a vincere la guerra della conquista dei cuori, insomma del consenso e della costruzione di un nuovo senso comune. La destra berlusconiana, non si è mai riconosciuta nella nostra Costituzione, sofferta come una bardatura in conflitto con l’investitura popolare del capo. E’ la destra di quel tale che qualche anno fa all’esterrefatto Fausto Bertinotti che aveva parlato dell’assassinio dei fratelli Cervi diceva con grande apertura: “Voglio proprio incontrare il papà di quei poveri ragazzi” mentre l’esterrefatto leader della sinistra gli suggeriva sommessamente: “Ma è morto trent’anni fa”. E’ una destra estranea alla Costituzione e alla Resistenza che ne è la radice. Già lo scorso anno esponenti del Pdl, Brunetta in particolare, avevano lanciato messaggi “rivoluzionari” denunciando l’enfasi retorica ed arcaica della Carta costituzionale, financo nel suo art.1. Avevo preso sul serio quei messaggi, discutendone due volte sul mio blog, a gennaio e giugno dello scorso anno.
L’Istituto di ricerca Demopolis (l’abbiamo sentito lo scorso martedì 8 a Ballarò) segnala che solo il 5% degli italiani sa qualcosa dell’art. 41. Brutto dato che mi conforta in quanto mi capita spesso di affermare: la priorità da assegnare in una riforma del sistema di istruzione alla conoscenza (vera, non quale sterile filastrocca) della nostra Costituzione. Peraltro un episodio di mercoledì 9 a Otto e mezzo conferma che anche fra i più prestigiosi parlamentari la Carta non è proprio familiare. Cicchitto parla dei tre commi dell’art. 41. La “nostra” Finocchiaro lo corregge severa: “sono due i commi”. Cicchitto prova ad insistere, ma non è molto convinto e alla fine desiste. (Bel paradosso: proprio la volta in cui “the others” hanno ragione battono in ritirata).
Nella dichiarazione/interrogazione presentata per il PD da Ceccanti ed altri (Ichino fra gli altri) si segnala nitidamente la strumentalità dell’operazione governativa. Provi a dire il governo in quali casi le liberalizzazioni che dice di voler realizzare sarebbero state inibite dall’art. 41. E il PD incalza con 41proposte di liberalizzazioni. Io magari, impegnando solo me stesso, annoterei con rammarico la – ahimè - insufficiente incidenza dell’articolo in questione nel prevenire danni “alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana” o nell’indirizzare “a fini sociali” l’attività economica. Come ricorda la dichiarazione/interrogazione del Pd, nell’art. 41 – e in tutta la Carta - si confrontarono e trovarono sintesi le due grandi correnti della Costituzione, quella cattolica liberale e quella socialista (il Dc Taviani e il socialdemocratico Ruini, nella circostanza). E, mi pare voglia sottolineare il documento Pd, di fatto la prima corrente ha prevalso nelle interpretazioni . Sull’opportunità della semplificazione e sull’inopportunità di una riforma costituzionale argomenti sono nel pezzo di Nicola Rossi su Italia Futura. Di segno diverso è il pezzo su L’Occidentale che propongo come esempio di un diverso sentire..
Si dice di voler spostare i controlli a posteriori (dopo che i buoi sono scappati?), consentendo l’avvio di impresa con procedure di autocertificazione. Ovvio che lacci inutili inibiscano l’attività imprenditoriale. Va sottolineato però “inutili”. Il controllo preventivo su sicurezza e ambiente mi pare che poco abbia a che fare con le duplicazioni di funzioni, i troppi sportelli, le costose vischiosità notarili.
Su quale senso comune fa leva il governo? A quale blocco sociale strizza l’occhio? Il ritorno del discorso sul piano casa è un chiaro esempio. In un paese che già possiede una metratura media per abitante sproporzionata si ripropone cemento aggiuntivo. Si fanno così felici o si rassicurano gli imprenditori dell’edilizia e dell’abusivismo e i disperati delle periferie degradate e illegali. E’ l’ideologia velenosa del “lavoro comunque” che la crisi fa penetrare anche a sinistra. Se prevalesse bruceremo foreste per fare uova al tegamino, come nuovi barbari faremo del Colosseo una cava per edificare discoteche e sale di gioco. Ci troveremo impoveriti, immemori di essere stati abitanti del paese della bellezza e dei viaggiatori. Non con più occupazione ma con un’occupazione fondata più sulla manovalanza clandestina e sempre meno sul lavoro qualificato.
1. http://rossodemocratico.ilcannocchiale.it/2010/01/10/se_vincesse_brunetta.html
2. http://rossodemocratico.ilcannocchiale.it/2010/06/18/lucchetti_e_la_nostra_vita_ill.html
3. http://ceccanti.ilcannocchiale.it/2011/02/02/art41_governo_spieghi_quali_li.html
4. http://beta.partitodemocratico.it/doc/203226/professioni.htm
5. http://www.loccidentale.it/node/102175
6. http://www.italiafutura.it/dettaglio/111202/una_scossa_ad_effetto_ritardato?utm_source=newsletter&utm_medium=email-dol&utm_content=link-nl&utm_campaign=liberiamo-imprese-201102010

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