giovedì 13 novembre 2014

Se l'emergenza ci fa incontrare la ragione


E' solo una speranza. Una possibilità. Ieri a Radio24 ascoltavo "La versione di Oscar". Un ascoltatore ha posto sul tappeto una questione di una ovvietà disarmante che nondimeno non riesce a farsi pensiero comune. A proposito di disastri colpevoli ad ogni scroscio di pioggia: "Ma perché non realizzare un progetto straordinario e serio di messa in sicurezza utilizzando chi oggi è disperato e senza reddito?" Ovvio, no? Assai più che mantenere e retribuire con paghette e anche con rapine e "redistribuzioni improprie" giovani e non giovani inoccupati. La sorpresa per me è stata il consenso del "liberista" Gianino: "Certamente. Si può fare. E' ragionevole. E' una pratica keynesiana". Ho sorriso un po' di soddisfazione, un po' ironicamente. Citare Keynes e la risposta americana alla grande crisi con massicci investimenti pubblici serve per "coprirsi" e giustificare l'ovvio. Meglio che niente. Magari poi - chissà - capiremo che lo spreco di uomini nell'inattività forzata è sempre inaccettabile. Non solo nelle emergenze. L'importante è non usare parole "sbagliate". Non parliamo di "socialismo" quindi. Copriamoci con Keynes. E inventiamo parole nuove. E' un sacrificio che si può fare. In attesa che torni la ragione.

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