giovedì 16 febbraio 2017

La battaglia di Hacksaw Ridge e le bussola difficile del pacifismo

La battaglia di Hacksaw Ridge di Mel Gibson non è un film imperdibile. Malgrado sia la storia di un obiettore di coscienza, non è un film pacifista. Il gusto del sangue è prevalente. E infine l'autore usa le parole del personaggio cui la storia è ispirata per superare o metabolizzare l'obiezione di coscienza nell'alveo di un omaggio a tutti quelli disposti a sacrificarsi per una idea, qualunque sia, anche una idea patriottica antitetica al rigoroso pacifista. I motivi conduttori del film non sono particolarmente originali. C'è l'America dura, quella dei sergenti aggressivi verso i “mollaccioni” e ii “diversi”. Che però converte l'ostilità in stima. Perché il pacifista mette ripetutamente a rischio la propria vita per salvare i compagni. Edificante riguardo i meccanismi autocorrettivi della cultura e delle istituzioni statunitensi . Visto in svariati film americani. Peccato che Gibson non metta il dito sulle contraddizioni del pacifismo. Sintomatica la scena in cui il protagonista nell'infuriare di una battaglia corpo a corpo rilancia con una sorta di sberla una bomba giapponese che avrebbe fatto strage fra le fila dei suoi. E invece fa strage fra i giapponesi. Pensavo e speravo che da lì si sarebbe avviato qualcosa come un dubbio o una riflessione. Il fucile no, ma la bomba rilanciata sì? Invece a Gibson interessa la prodezza in sé. Notato che l'interprete Andrew Garfield replica il se stesso protagonista di Silence, chiedendo al dio silente di parlargli.

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