martedì 4 ottobre 2016

Il mio Fuocammare

 Ribadisco che non esistono film, romanzi, opere d’arte, in sé, a prescindere da chi vi viene in contatto e dal momento in cui avviene il contatto. Ieri in Tv ho rivisto Fuocammare di Gianfranco Rosi. E mi ha preso più e diversamente rispetto a quando l’ho visto sul grande schermo. Più o meno quanto mi prese a suo tempo Sacro Gra dello stesso autore. Entrambi film-documento, entrambi frammenti arditamente connessi in un contenitore spaziale: il grande raccordo anulare di Roma e l’isola di Lampedusa (guarda caso rispettivamente nei pressi di dove vivo oggie di dove vivevo una volta). In Fuocammare la vita di Lampedusa procede eguale a se stessa con pochi contatti con il mondo che irrompe dal Mediterraneo dei migranti. Penso di aver visto un film diverso per la ragione che d’improvviso lo vedevo con gli occhi della riscoperta e della nostalgia. Giacché, per ragioni che non conosco, d’improvviso la vita dal ragazzino Samuele e della gente attorno a lui e dei colori, suoni e sapori, mi hanno prodotto la nostalgia di una Sicilia in cui vivevo fino a pochi anni fa e che d’improvviso mi sembra di non aver mai conosciuta. Troppo occupato a capire gli astratti comun denominatori del mondo. Perdendo sempre più la concretezza di colori, suoni e sapori. Sicché l’aria di “E vui durmiti ancora” che la stazione locale di Lampedusa nel film di Rosi trasmette mi fa ricordare con un tuffo al cuore che scoprii quel canto da mia madre che tanto tempo fa -non so perché - volle intonarlo mentre mi stava accanto. Anch’io facevo come lui, come Samuele, intagliando le “pale” di ficodindia per disegnarvi volti. Lo avevo dimenticato. D’improvviso sento l’odore della pala incisa e il calore dell’estate siciliana. Avevo dimenticato anche questo. Anch’io foggiavo fionde, pur senza essere mai riuscito a colpire un volatile. Mi sono stupito soprattutto che nei giochi e nella vita di Samuele sia del tutto assente la vita senza odori, sapori e sensazioni tattili della rete. Stupito della sua curiosità per la vita trascorsa degli adulti, fin nei dettagli (“Quanto stavi in mare? Un anno? Meno di un annoi?), per il suo recepire lezioni dai grandi e il suo impartire lezioni di fionda al più piccolo. Lampedusa oggi come la Sicilia di 60 anni fa che non saprei ritrovare lì dove vivevo. Con ruoli, pratiche e valori fermi e condivisi. Lì avviene l’impatto col nuovo mondo, quello in cui si scommette la vita in un viaggio per mare, un mondo in cui tutto è opinabile, nessuno educa nessuno, tutto è occasione di conflitto.

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