giovedì 21 febbraio 2019

Il corriere, ovvero la vecchiaia amorale di Eastwood


Un raro esempio di uomo di destra amato dalla sinistra, Clint Eastwood. Perchè? Vedendo "Il corriere", sua ultima opera di regista ed attore sono tornato a chiedermelo. Mi pongo domande solo dopo aver visto il film. Cioè lasciando intatta la priorità dell'emozione e dell'empatia che non possono essere contraddette, solo spiegate. Emozione ed empatia che ancora una volta ci sono state. Come, soprattutto per "One mllion dollar baby" e " Gran Torino" . Lui, Earl nel film, (Eastwood in realtà ha "solo" 88 anni) è un novantenne reduce della guerra di Corea, floricoltore appassionato, amante del buon cibo e delle chiacchiere con amici. Il tema centrale è la vecchiaia. La vecchiaia che è conservatrice, che non consente di mettere troppo in discussione se stessi o il mondo. Perché non c'è tempo per voltarsi altrove o ricominciare daccapo. C'è tempo solo per operare calcoli su piaceri sostenibili e no. Mettendo in conto anche di darsi la morte. Questa è la vecchiaia e questa è soprattutto la vecchiaia del personaggio di Eastwood. E' un calcolo istintivo quello che a Earl ha fatto escludere la famiglia dalla sfera dei propri interessi e piaceri. Perché non si possono amare troppe cose insieme. Infatti lui ha divorziato dalla moglie e dimenticato perfino il matrimonio della figlia. perché troppo impegnato con fiori ed amici. Quando il commercio di fiori entra in crisi, accetta senza problemi di fare il corriere della droga. Dapprima inconsapevolmente. Poi consapevolmente e senza remora alcuna. Con il denaro guadagnato risponde ai bisogni suoi (elementari) e a quelli degli amici in una contraddittoria filantropia, contraddittoria almeno per i progressisti i quali si chiederebbero come si possa essere filantropici e insieme indifferenti alle sofferenze e alla morte che un corriere della droga concorre ad alimentare. La politica ovvero il calcolo delle conseguenze lontane delle proprie azioni è assente qui e in tutti i film di Eastwood che io ricordi. C'è il suo opposto invece. C'è l'epicureismo del "vivi nascosto" dai grandi impegni della politica, nel recinto del giardino, con amici sperimentati, l'epicureismo dei piaceri frugali (il più buono arrosto di suino per il quale Earl mette a rischio il percorso della droga). C'è in aggiunta l'indisponibilità ad accettare nuovi linguaggi e nuovi saperi: la stizza verso gli alienati del cellulare, le spallucce verso i neri politicamente corretti che lo correggono perché lui li ha chiamati "negri". C'è infine la capacità di piegarsi senza spezzarsi e di trovare comunque uno spazio di felicità possibile anche in prigione. Alla fine, forse discutibilmente, Earl recupera la famiglia fra i suoi interessi e valori. Probabilmente affinché il manifesto intelligentemente conservatore del film sia meglio condiviso.

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