mercoledì 5 dicembre 2018

Fra ragionevole pregiudizio e razzismo


E' capitato di recente che un amico ed un'amica mi abbiano contestato pregiudizi. Il fatto è che io denunciavo da me i miei pregiudizi. Per il semplice motivo che considero sia normale, anzi salutare, avere pregiudizi. Fino ad un certo punto. Treccani così definisce il pregiudizio: “Idea, opinione concepita sulla base di convinzioni personali e prevenzioni generali, senza una conoscenza diretta dei fatti, delle persone, delle cose, tale da condizionare fortemente la valutazione, e da indurre quindi in errore (è sinon., in questo sign., di preconcetto)”. Io direi che il pregiudizio è il risultato di esperienze o informazioni precedenti che ci fanno anticipare il giudizio su un evento. Infatti non siamo costretti ad aspettare che un albero produca nuovi frutti. Se quello che vediamo è un albero eguale a quello che abbiamo già visto produrre un determinato frutto, ci aspettiamo che questo faccia lo stesso. Qualche volta poi succede che produca frutti diversi perché ha subito un innesto. Allora ammetteremo l'errore. Ciò non toglie che la scommessa sul risultato sia ragionevole. Spesso l'assenza di pregiudizi comporta rischi e disastri. Immagino di dover camminare di notte in una strada buia di periferia. Vedo venire verso di me tre donne. Nessuna preoccupazione. Vado avanti. Vedo venire verso di me tre uomini. Come minimo mi tengo all'erta. Potrebbero essere tre balordi che tenteranno di scipparmi. Vedo venire verso di me tre neri. La mia ansia cresce. E' probabile che siano disperati che hanno ricevuto l'ordine di espulsione e che siano disposti a tutto. Del resto le statistiche ci dicono che il tasso di criminalità fra gli immigrati è più alto che fra i nativi. Non nei reati da colletti bianchi (corruzione, frode fiscale, etc.) , ma negli altri sì. Allora probabilmente cambio marciapiede. E' effetto del pregiudizio? Sì. E' sintomo di razzismo? Non necessariamente. Dimostrerò razzismo se incontrando quelle persone di giorno fra la gente e parlandomi loro di politica o di filosofia, non vedrò l'ora di andare via.
Come dice un personaggio interpretato da George Clooney in un film di cui non ricordo il titolo importante non è il giudizio che do di una persona incontrandola la prima volta (è bianco, è nero), ma il secondo giudizio che do di lei conoscendola. Insomma l'uomo “normale” ha un salutare grado di pregiudizio. Il razzista ha un grado patologico. Nessuna esperienza che contraddica il pregiudizio riuscirà a fargli cambiare visione del mondo. P.S. Perché questo post? Per suggerire di parlare ai nostri concittadini, partendo dai nostri comuni pregiudizi. Per essere credibili. Se invece ci interessa per nulla la pedagogia e ci interessa molto un capro espiatorio, allora dagli al razzista. A lui come a noi serve il capro espiatorio. Non ci interessa cambiare il mondo.

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