lunedì 2 marzo 2020


Maledetta epidemia, restituiscici almeno la ragione
Non darei mai il benvenuto ad una epidemia. Ragionevolmente ci costerà molto o moltissimo, a parte le vite e le sofferenze, angoscia compresa. Qualche effetto secondario positivo potremmo però scoprirlo, come ci accadde in occasione dello choc petrolifero del 73 con le splendide domeniche a piedi e in bici con i figli sul sellino. Così ora la riduzione dei flussi turistici in entrata restituisce un po' la città ai cittadini e frena l'espropriazione dei centri urbani ad opera dei bed and breakfast. Mentre quella dei fussi in uscita costituisce comunque risparmio ed occasione di riscoprire il proprio territorio.
E' vero soprattutto che l'emergenza stimola risposte e fantasie progettuali. Talune risposte politiche sono assai positive, con il solo inconveniente che, pensate per l'emergenza, saranno archiviate ad epidemia conclusa.
Le scuole chiuse stanno costringendo a promuovere attività didattiche online. Bene. Purché non vengano archiviate ad emergenza conclusa o, viceversa, non si pensi di archiviare la formazione in gruppo (la comunità "classe"), con le sue specifiche valenze. Allo stesso modo la didattica individualizzata, realizzata per i "diversamente pensanti" (i Ligabue compresi), solo in parte riesce ad ispirare un modello di scuola individualizzante per tutti.
Sul fronte più esposto, quello della Sanità, si è costretti a riflettere sugli errori e sui costi conseguenti ad un sistema sanitario penalizzato dai tagli, mentre non si tagliavano le spese militari, né le seconde o terze case, né ostriche e champagne. Si è costretti a riflettere sui numeri chiusi per l'accesso ai corsi di medicina e a quelli chiusissimi per le specializzazioni. Si è costretti a richiamare in servizio i medici in pensione, come in tempo di guerra i riservisti. La speranza è che si comprenda l'assurdo anacronistico di continuare a dividere la vita in tre fasi distinte: l'età del gioco, l'età del lavoro, l'età della pensione. Una scansione burocratica che facilita i conti, ma impoverisce, non tenendo conto del continuum della nostra esistenza. E la speranza è che non si creda più che l'occupazione giovanile si crei grazie alla disoccupazione (chiamata pensionamento) dei maturi (vedi quota 100).
Infine, l'emergenza ha sollecitato un governo unico, nazionale, del sistema sanitario. L'auspicio è che, finita l'emergenza, non si torni sic et simpliciter, alle sanità regionali, con costi amministrativi moltiplicati, il costoso turismo sanitario e le classifiche ospedaliere penalizzanti il Sud. Auspici molti, speranze pochine però.

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