sabato 12 novembre 2016

Il duello dei populisti e il popolo assente

Le parole si logorano. Nell’era del politicamente scorretto quel che era denigratorio è rivendicato come merito. Così avviene per “populismo”. Grillo è stato forse il primo a rivendicarlo come merito:  “Siamo populisti”. Forse quindi sarò costretto a cercare un’altra parola per  indicare chi seduce il popolo per distrarlo dai suoi interessi e dalle sue battaglie. Come dovrei chiamare chi suggerisce bersagli facili per ricevere consenso esplicito dal popolo e consenso implicito dai privilegiati risparmiati dal grande Vaffa?  Non mi arrendo al politicamente scorretto e non  dico quindi “imbroglioni”.

Alla vittoria di Trump Grillo ha manifestato compiacimento ed esultanza. “E’ stato un grande vaffa all’è lite” ha detto. Alla è lite politica forse sì. Non alla élite dei multiproprietari di ville e palazzi, con le rubinetterie dorate però.  Quella è una élite “popolare” forse.   Ma Grillo si è accorto che il vaffa di Trump è rivolto anche e soprattutto ad un pezzo caratteristico del programma 5Stelle? Lo è, a meno di credere che l’ecologismo del M5S non sia solo un orpello raccattato per riempire le pagine del programma. Lo è perché, al di là della xenofobia e del sessismo che magari potrebbe apparire un gioco innocente (e non lo è) ,il nucleo concretissimo del programma di Trump è l’esatto opposto dell’ecologismo dichiarato di Grillo. E’ la scelta del carbone. E’ la scelta delle trivelle. E’ la scelta di denunziare gli accordi di Parigi sul clima.  E’ la scelta di sfamare il suo popolo saccheggiando il pianeta. E’ la scelta di fare pagare i costi del saccheggio a quelli che ancora non votano e a quelli che verranno. Quest’ultima  è la scelta peraltro del populismo contendente: quella di Renzi. Anche lui per grandi opere e trivelle. Lui impegnato nell’appassionata contesa con Junker. Lui che non la manda a dire. Lui che –oibò – alla “burocrazia” di Bruxelles antepone la sicurezza delle scuole e il popolo terremotato. E quindi pretende flessibilità, cioè deficit,  cioè debito da scaricare  al governo prossimo venturo, nonché ai posteri.   Mentre nessuno osa ribattere che le risorse per la sicurezza e per i senza tetto potrebbero essere recepite  con la reintroduzione  della tassa sulla prima casa  per i più abbienti, con la reintroduzione della  tassa di  successione che penalizzerebbe un  tantino la povera milionaria erede di Esselunga o  gli eredi di Briatore,  e  con la revisione della curva dell’Irpef,   accentuandone la progressività .  Oltre che abbattendo le pensioni d’oro. Oltre che abbattendo le remunerazioni d’oro di troppi dirigenti. Oltre che bonificando l’Italia da consorterie familistiche, amicali, paramafiose,  mafiose. Tranquillo, Presidente, nessuno proporrà nulla di simile.  Il senso comune vincente che ha disarmato il “popolo” non consente di parlare di tasse e sul resto si può parlare senza essere obbligati a fare. La narrazione renziana è assai intelligente. Infatti  nessuno osa contraddirla davvero. Al più si può rilanciare più in su o denunciare l’insufficiente determinazione del premier: “Io pretenderei di più, io userei parole più pesanti contro la tecnocrazia”: insomma variazioni sulla stucchevole narrazione.  Il senso comune in compenso  consente di proporre impunemente la flax tax al 15% per tutti, poveri e ricchi, escogitata dal terzo populista, Salvini,  fra gli applausi di chi paga il 16% e pagherebbe con  il taglio radicale al welfare lo sconto miserabile dell’1%.   Mosse tutte  intelligenti   (cioè a loro  convenienti) quelle dei duellanti populisti come quando si nasconda la polvere sotto il tappeto, sapendo che altri, futuri odiosi governanti che saranno chiamati “tecnocrati” dovranno fare pulizia perché la nave non affondi. Duellanti ma ispirati da valori largamente condivisi come (absit iniuria verbis) i duellanti delle gang  che si contendono il territorio bevendo le  stesse birre e sognando gli stessi sogni.  No, mi rifiuto di corteggiare il popolo di Grillo, Renzi e Salvini.  Aspetto che il popolo scopra l’inganno.  Forse dapprima  il popolo che non vota.  Con un pizzico di fiducia in alcuni leader veri interessati al cambiamento vero: Francesco, forse Sanders, forse lo scamiciato  Mujica  che però chissà se lascerebbe la sua casetta con l’orto da coltivare. 

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